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La Stagione teatrale estiva inizia con Massimo Popolizio

Redazione
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Massimo-Popolizio

La Stagione teatrale estiva, organizzata dal Comune di Grosseto con la collaborazione di Fondazione Toscana Spettacolo onlus, inizia martedì 13 luglio alle 21 al Giardino dell’archeologia con “La caduta di Troia”, spettacolo interpretato dall’attore Massimo Popolizio. Il biglietto costa 10 euro: per le normative anti-Covid è consigliato prenotare (331 7646562 dal martedì al sabato con orario 10-12 e 15-17 o bucinellafestival@gmail.com). La  pièce, prodotta dalla Compagnia Orsini, è tratta dal Libro II dell’Eneide, capolavoro di Virgilio: con Massimo Popolizio sul palco ci saranno due musicisti, Stefano Saletti e Pejman Tadayon, e la cantante Barbara Eramo. Popolizio, attore genovese celebre per le tante interpretazioni teatrali (ha esordito con Ronconi) e cinematografiche (da Romanzo criminale a Il Divo) e come doppiatore (dà la voce a Lord Voldemort in Harry Potter). In “La caduta di Troia” il tema è quello dell’inganno: l’immenso cavallo, dono dei Greci, viene trasportato nelle mura di Troia, ma si trasformerà per i troiani in una macchina di morte e distruzione. Alla corte di Didone, Enea narra – descrivendo con “indicibile dolore “ – quella notte di violenza e di orrore. Le parole di Virgilio sembrano una sorta di sceneggiatura ante litteram e «attraverso quelle parole – dice Popolizio – cercherò di creare vere e proprie immagini, di far vedere ciò che è scritto». Le musiche, realizzate da Stefano Saletti e Barbara Eramo, sono arricchite dalla presenza del musicista iraniano Pejman Tadayon che suona il kemence, il daf e il ney, evocativi strumenti della tradizione persiana. Le lingue cantate sono il ladino, l’aramaico, l’ebraico e il sabir, antica lingua del Mediterraneo. «Saletti – spiegano gli organizzatori – usa strumenti come l’oud, il bouzouki e il bodhran per risaltare le atmosfere animate da Massimo Popolizio e dalla voce limpida di Barbara Eramo che si muove tra melismi e scale di derivazione mediorientale. Una vera e propria “partitura” che fa di questa pièce un’operina a sé, dove la voce di Popolizio si fa corpo e materia».

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